Villa d’Este a Tivoli, Roma, Italia
I giardini rinascimentali di Villa d’Este a Tivoli
A trenta chilometri da Roma si trova Tivoli, posta sulla cima di piacevoli colli con vista panoramica e una cascata le cui acque impetuose che precipitano nella profonda valle, sovrastata dal tempio cirolare di Vesta, è stata dipinta da numerosi artisti. Non si tratta di un’immagine idealizzata, ma reale, entrata a far parte della memoria collettiva come uno dei paesaggi più rappresentativi della campagna romana.
In questo luogo idilliaco non la natura, ma la mano dell’uomo ne ha creato un altro. Si tratta di Villa d’Este, i cui giardini sono considerati i più belli d’Europa. Essi sono un inno alla bellezza così come la concepivano nel Rinascimento, un prodigio dell’uomo, capace di trasformare un pendio selvaggio e scosceso in un posto magico, in cui si è completamente circondati da fontane, giochi d’acqua e ninfee di ogni forma e dimensione, sapientemente collocati secondo il gioco della simmetria. Ogni zampillo d’acqua produce un gorgoglio diverso, accarezzando l’orecchio in mille modi diversi. A loro volta, la vegetazione lussureggiante assieme agli svettanti cipressi, e le gradinate poste a livelli differenti, costituiscono un inno alla geometria. Questo era il Rinascimento, che mutò il rapporto tra l’uomo e la natura, e anche il mecenate cardinale Ippolito d’Este, che qui viveva e che della villa era il principe.
Gli ospiti accedevano alla villa dalle falde del colle, al contrario di quanto accade oggi, seguendo l’antica strada romana diretta a Tivoli. La villa infatti era stata costruita per essere ammirata dal basso. Gli ospiti percorrevano l’asse centrale sia a piedi sia a bordo di un calesse o, a volte, di una portantina, e accanto a loro sfilavano i giardini delle meraviglie (jardins des merveilles), come li chiamavano allora, che furono un modello per tutta l’Europa. All’ombra degli alberi ammiravano fiotti d’acqua che assumevano la forma di un ventaglio oppure di un giglio o di un ombrello, mentre i raggi del sole attraverso le gocce si frangevano nei mille colori dell’iride.
Ogni fontana costituiva un momento di riposo nella salita verso il palazzo, a cui si giungeva al termine di una serie di rampe diagonali e di scale circolari costeggiate da balaustre percorse da minuscole cascate d’acqua. Infine, una volta giunti al patio della villa, lo sguardo degli ospiti si staccava dalla magica affettazione della villa per abbracciare il panorama della campagna romana, che, quando l’atmosfera era limpida, arrivava fino alla cupola di San Pietro a Roma.
Mi piace frequentare spesso Villa d’Este e l’ora migliore per passeggiare nei giardini è la mattina presto, quando i visitatori sono ancora pochi. Mentre salgo verso la villa, non sono altro che un paio di occhi affascinati dal Rinascimento. Il resto del mondo non esiste.
All’interno della villa si fa ancora sentire la presenza dell’acqua. Fontane incassate, tempestate di mosaici e di conchiglie, ornano le sale di ricevimento decorate con affreschi di eroi, di dèi e con scene mitologiche, di caccia, giardini e paesaggi, il tutto all’interno di motivi rinascimentali resi con attitudine teatrale.
Il cardinale viveva appunto in questa atmosfera raffinata, insieme con i suoi 250 cortigiani, e con poeti, musicisti e intellettuali: si tratta di un vero e proprio mecenate della sua epoca, che non esitò a spendere l’incredibile cifra di un milione di scudi per la realizzazione di questa villa e la cui fama si è tramandata nei secoli grazie all’architettura dell’edificio, che ha costituito il modello per numerosi giardini reali in tutta Europa.
Il mio soggiorno lungo a Roma è descritto nel libro: Passeggiate romane