Il sogiorno romano di Alex Munthe, Italia

La scalnata di Trinità dei Monti, Roma

La scalnata di Trinità dei Monti, Roma.

Mi piace ripensare a queste scene folcloristiche di Ro­ma, ormai scomparse, ma che sono immortalate negli ac­quarelli dei pittori del nord Europa, alcuni dei quali, oggi, sono esposti nelle gallerie che circondano la piazza.

A una personalità di Piazza di Spagna, però, voglio de­di­care una menzione speciale: si tratta del medico svedese Axel Mun­the, vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il No­ve­cento, che scri­ve:

“A Natale il becchino mi ha regalato do­dici bottiglie di vino…”

Insomma, non venitemi a dire che i romani non sono matti da legare! Nel senso buono, naturalmente. Il racconto che Mun­the dedica agli anni trascorsi a Roma è soltanto una parte della vita stra­or­di­na­riamente generosa di questo medico, che senza badare al proprio tornaconto, e mettendo a repentaglio la sua stessa salute, viaggiò in varie parti d’Europa per offrire il pro­prio aiuto alle popolazioni colpite dalle epidemie, dai terremoti e da altre calamità naturali.

A Roma però, proprio in Piaz­za di Spagna, egli aveva aperto un ambulatorio che ri­ce­ve­va so­prat­tutto pazienti di sesso femminile, perlopiù malate immaginarie. Com’è noto, infatti, allora era di moda, pres­so le signore, o­stentare nevrosi di ogni specie e quella era l’epoca in cui a Roma giungevano le prime americane im­pegnate nel Grand Tour, rampolle degli allora mul­ti­mi­lio­nari di Philadelphia e di New York, che cercavano di sod­disfare la propria vanità spo­sando qualche principe roma­no, e curare i presunti sintomi della loro frustrazione toc­cava appunto al simpaticissimo me­dico svedese.

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Barbara Athanassiadis