Il flusso poetico del Bosporo, Istanbul, Turchia
Quella mattina a Venezia, mi diressi a Torcello. Presi il vaporetto da San Zaccaria, le cui barche in un continuo movimento a volte mi facevano venire in mente le rive di Beşiktaş a Istanbul. Anche i gabbiani erano gli stessi. Una volta mi ricordo di aver incontrato il mio gabbiano veneziano camminando sulle rive del Bosforo.
Va da sé che Istanbul, al contrario di Venezia, non si presta alle passeggiate solitarie anche se ai miei occhi tra le due città esiste lo stesso rapporto che c’è tra una madre e una figlia. Non mancano peraltro, neppure a Istanbul, luoghi più sicuri in cui è possibile passeggiare. Così ricordo che un tardo pomeriggio mentre mi trovavo al palazzo Çırağan , a un certo punto decisi di sottrarmi ai miei ospiti per scendere le scale dei giardini e andare a camminare vicino all’acqua.
Un gabbiano ritto su un paletto mi guardava di sottecchi come se mi stesse aspettando. Quando mi avvicinai, dispiegò le ali e spiccò il volo verso la costa asiatica, su cui fece una virata con una curva perfetta. Poi tornò in Europa senza diminuire la velocità e si immobilizzò sopra un palo, sul molo di marmo del sultano.
«Wow!», dissi sbalordita e tornai sui miei passi, verso i giardini del palazzo.
Trovo che le correnti del Bosforo siano pericolose, ma anche molto poetiche. Esse separano due continenti, al contrario della laguna veneziana, che è soltanto un puntino sul mappamondo e che, quando la percorro verso nord, mi offre la sensazione di essere diretta in capo al mondo.
Memorie di viaggio dal libro: La mia Venezia