Come mai inestimabili opere d'arte sono rimaste a Firenze, Italia
Mentre visitiamo i quaranta musei presenti in città dimentichiamo che tutti questi tesori costituivano un tempo la collezione privata della famiglia regnante e che per fortuna si trovano ancora al loro posto. Infatti le altre grandi collezioni dei principi italiani, quali quella dei Gonzaga di Mantova, degli Este di Ferrara e anche degli Sforza di Milano, si volatilizzarono in seguito al gioco dei matrimoni dinastici o in seguito alla scomparsa della dinastia, cosicché nei rispettivi palazzi non sopravvivono che gli affreschi. Quanto alle collezioni, oggi si trovano sparse nei musei di Parigi, di Londra, di Dresda e di New York. Come mai a Firenze questo non accadde?
Dopo la morte del fratello, Gian Gastone, Maria Luisa, l’ultima de’ Medici, ne divenne l’erde universale. Essendo anche lei priva di eredi, prese la decisione più intelligente della sua vita. Stipulò un contratto con il quale donava tutte le collezioni d’arte appartenute alla sua famiglia ai nuovi Granduchi che le potenze straniere avevano designato al governo della Toscana. A patto però però che neanche un’opera d’arte lasciasse Firenze.
Un ritratto che la immortala è conservato a Palazzo Pitti, in un’ala del quale si era ritirata in uno sdegnoso isolamento, mentre il resto della residenza era abitato dai nuovi Granduchi di Toscana, Francesco e Maria Teresa di Lorena. Questi ultimi, peraltro, non vi si trattennero a lungo. Tre mesi dopo il loro arrivo l’imperatore d’Austria morì e Maria Teresa ascese al trono degli Asburgo designando un reggente.
Il giorno in cui Francesco e Maria Teresa partirono per Vienna, da Firenze si mosse un convoglio di carri pieni di tesori artistici. I fiorentini assistevano attoniti al saccheggio della loro città ma la presenza delle truppe austriache fungeva da deterrente. Maria Luisa infatti era morta e nessuno si curava di rispettarne le volontà. Qualche anno dopo tuttavia il secondogenito di Maria Teresa, Leopoldo, si insediò a Firenze con il titolo di Granduca e per procacciarsi il favore del popolo chiese al fratello, l’imperatore Giuseppe II, di restituire alla città una parte del patrimonio artistico che vi era stato prelevato.
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