Gemme reali dell’India
Ovviamente decisi di andare al Gem Palace, la gioielleria preferita di Devi Gayatri.
Appena entrata, fui travolta da un’India d’altri tempi. Innanzitutto rimasi colpita dal gran numero di commessi, il cui compito era proteggere la gioielleria da eventuali rapine e aiutare le numerose clienti di altri Paesi.
A essere sincera, non c’era molto silenzio là dentro. All’interno vidi una serie di sale con vetrine entro le quali, posate su custodie imbottite di velluto, brillavano le gemme preziose ora legate tra loro in lunghi orecchini ora in collane abbastanza grandi da coprire il décolleté, braccialetti da caviglia e anelli da infilare alle dita dei piedi. Tutta la raffinatezza dell’oreficeria indiana faceva bella mostra di sé davanti ai miei occhi in una sinfonia di diamanti azzurri, zaffiri scintillanti e rubini color sangue di piccione, perle rosa e smeraldi, quasi tutti incastonati nell’oro.
All’inizio del Novecento i maharaja si recavano a Parigi con scrigni ricolmi di pietre preziose e li consegnavano ai gioiellieri di Rue de la Paix per farseli trasformare in splendidi monili. D’altra parte anche i gioiellieri parigini si lasciavano ispirare dall’arte dei colleghi indiani, molto più celebri dei gioiellieri persiani e ottomani.
Durante i centocinquant’anni del loro dominio gli inglesi hanno lasciato un tocco britannico sulla civiltà indiana, che conta 3.500 anni di storia. E se, dopo il crac del ’29, le firme europee di prodotti di lusso non finirono in bancarotta dopo aver perso la clientela americana, devono ringraziare proprio i maharaja indiani, per i quali venivano prodotti persino cucchiai d’argento con un lato piegato affinché non si macchiassero i baffi. Come governanti, alcuni di loro volevano sottrarsi alla tradizione e indossare la corona, cosa che era stata proibita da Londra. Ma la soluzione fu presto trovata: un bel diadema indossato sopra il turbante.
Memorie di viaggio dal libro: L’INDIA e il mio giardino persiano